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- Basilica polironiana
- Chiese matildiche dell’Oltrepò
- Chiesa parrocchiale di Revere
- Santuario della Comuna
La storia dell’abbazia benedettina di Polirone (denominazione che rimanda alla presenza dei due fiumi, il Po e il Lirone) comincia nell’anno 1007 con l’atto di fondazione di Tedaldo di Canossa, nonno di Matilde. Recenti scavi archeologici testimoniano tuttavia l’esistenza di un edificio religioso più antico, la cui abside è visibile nella sala del Capitolo.
Architetture romaniche, tardogotiche, rinascimentali e settecentesche condensano i traguardi più significativi della storia millenaria della basilica, da sempre cuore dell’abbazia e gioiello artistico del complesso monastico benedettino.
Santi come Simeone, eremita e pellegrino; donne come Matilde di Canossa e Lucrezia Pico; abati ed umanisti come Gregorio Cortese e Teofilo Folengo; artisti come Giulio Romano, Antonio Begarelli e Paolo Veronese, segnano in modo mirabile la storia religiosa ed artistica dell’abbazia, nella continuità operosa di una comunità che si dedica alla preghiera, allo studio, al lavoro, conforme la Regola benedettina “Ora, Lege et Labora”.
Se ne colgono i frutti nell’attività dello scriptorium, dove vengono realizzati bellissimi manoscritti miniati; nella biblioteca; nel ruolo che Polirone ricopre, prima in ambito cluniacense e poi nella Congregazione di Santa Giustina; nel secolare governo delle acque e nell’impegno della bonifica per la messa a coltura dei terreni.
Eventi drammatici come le guerre o le ripetute inondazioni del Po determinano momenti di crisi, da cui il cenobio ogni volta si riprende. Non così con la venuta di Napoleone Bonaparte, che pone termine alla vita del monastero nel marzo 1797.
L’eredità spirituale, maturata nei secoli, non è venuta meno, ma continua a vivere e a parlare attraverso la comunità cristiana della parrocchia.
L’abbazia di Matilde
La predilezione di Matilde di Canossa per Polirone favorisce la fioritura religiosa e culturale dell’abbazia tra l’XI e il XII secolo. La “Signora” di Canossa, ultima erede di una potente dinastia imparentata con gli imperatori germanici, protagonista della lotta per le investiture a fianco di Gregorio VII contro Enrico IV, donna di profonda spiritualità grazie anche alla guida di Anselmo, il patrono di Mantova, onora l’amato monastero scegliendolo come luogo della sua sepoltura.
Qui il suo corpo rimane dal 1115 al 1633, quando il papa Urbano VIII lo reclama a Roma nella basilica di San Pietro, per rendergli gloria in un magnifico sepolcro realizzato dal Bernini. A ricordo della “Grancontessa”, la basilica polironiana custodisce l’urna di alabastro che per cinque secoli ha racchiuso le sue spoglie mortali e il prezioso mosaico di Santa Maria, denominato “il tappeto funebre di Matilde”.
La basilica di Giulio
La ristrutturazione rinascimentale della basilica abbaziale, realizzata tra il 1540 e il 1547, si deve all’ingegno di Giulio Romano, allievo prediletto di Raffaello, e alla committenza dell’abate Gregorio Cortese. Architettura, scultura, pittura, arredi creano un percorso in cui l’arte riveste di forme mirabili le verità della fede. Lo spazio religioso compete in bellezza con lo splendore di una reggia, con un rinnovamento delle strutture preesistenti che, simbolicamente, raffigura la rinascita morale e teologica della Chiesa.
Il percorso di storia – arte – fede
Il percorso museale, allestito nella basilica a partire dal 2007, ricorrenza del Millenario dell’abbazia, intende valorizzare il progetto teologico voluto dalla committenza benedettina, che è la proclamazione della salvezza portata da Cristo e offerta nella Chiesa.
L’ingresso in basilica attraverso la porta (2), che simbolicamente rappresenta Cristo, segna il passaggio dal peccato, suggerito dalle statue dei progenitori poste nel vestibolo (1), al nuovo paradiso terrestre. Questo paradiso, delineato dai festoni vegetali sugli estradossi della navata (20), è la Chiesa, che si fonda sui sacramenti (la prima cappella a destra (19) è quella del battistero) e sul culto dei santi (la prima cappella a sinistra (3) è quella del patrono S. Simeone) per guidare ogni uomo verso Cristo, simboleggiato dall’altare (21) collocato ad oriente, da dove sorge il sole, perché è Cristo il nuovo sole.
Il percorso artistico
Per la complessità e la durata della storia del complesso abbaziale polironiano, l’itinerario di visita permette di riconoscere le tappe fondamentali dell’arte: il romanico, che ha lasciato la sua impronta più originale nei mosaici di Santa Maria; il gotico, che è visibile nel tiburio e nella volta a crociera della navata centrale; il rinascimento, che caratterizza l’insieme della struttura architettonica e della decorazione, dalle cappelle, alle statue del Begarelli, alle serliane, alla sagrestia, al coro; il barocco, che si mostra nella preziosità dei cancelli in ferro battuto e ottone e nell’imponenza dell’organo in controfacciata; il neoclassico, che si lascia scoprire nella sistemazione del deambulatorio e nella tomba di Matilde. Tra le numerosissime opere degne di nota si segnalano, partendo da sinistra dopo l’ingresso:
la prima cappella con il pavimento a mosaico di stile cosmatesco; vi si onorano le spoglie del patrono San Simeone, monaco armeno morto nel monastero nel 1016
la seconda cappella con il Crocifisso in terracotta di Michele da Firenze (metà XV secolo)
la cappella di Santa Maria con i mosaici romanici raffiguranti le quattro virtù cardinali, che richiamano la figura di Matilde
il deambulatorio con le tombe dei benefattori, tra cui quella di Lucrezia Pico
il coro con gli stalli intagliati (metà XVI secolo)
l’antisagrestia con la tomba di Matilde di Canossa
la sagrestia con le decorazioni giuliesche (metà XVI secolo)
il ciclo di statue in terracotta di Antonio Begarelli (metà XVI secolo)
Visita
Chi sceglie di visitare solo la basilica trova accoglienza e accompagnamento da parte dei membri dell’associazione “Amici della Basilica” Onlus, che sono presenti nell’ufficio a sinistra della facciata per informazioni, vendita di opuscoli e biglietteria.
Per chi preferisce il percorso comprensivo di basilica, monastero e Museo Civico, la biglietteria funziona presso l’Infopoint di piazza Matilde, 7.
Gli orari:
– invernale (novembre-febbraio), dal martedì al venerdì ore 9-12 e 14.30-17.30; sabato, domenica e festivi: 9.30-12.30 e 14.30-17.30;
– estivo (marzo-ottobre), dal martedì al venerdì: 9.00-12.00 e 15.00-18.00; sabato, domenica e festivi: 9.30-12.30 e 15-18. Lunedì aperto su prenotazione.
La domenica e festivi la basilica è visitabile solo negli intervalli tra le funzioni religiose: Sante Messe alle ore 8 e 11; Vespro e Messa alle 17.30 (18.30 con orario legale).
Biglietto: solo basilica € 3; basilica più monastero e Museo Civico € 8, ridotto 7.
Informazioni
Amici della Basilica:
0376 614599
www.amicidellabasilica.it
info@amicidellabasilica.it
Infopoint
0376 623036
0376 623021
info@turismosanbenedettopo.it
CHIESE MATILDICHE DELL’OLTREPÒ
Dal Polirone può cominciare un itinerario nel territorio meridionale della diocesi, alla scoperta delle chiese dette matildiche perché in vario modo (fondate, possedute, restaurate, beneficate) connesse con la “Grancontessa” Matilde di Canossa. Esse conservano ancora resti, talora cospicui, dell’originaria forma romanica, e spesso sono arricchite da opere d’arte successive.
Le principali sono: a Gonzaga, la parrocchiale di San Benedetto; a Pegognaga, la monumentale pieve di San Lorenzo; a Nuvolato, la parrocchiale di San Fiorentino; a Pieve di Coriano, la parrocchiale dell’Assunta; presso Villa Poma, l’oratorio di Ghisione; presso Sermide, la parrocchiale di Santa Croce del Lagurano; a Felonica, la parrocchiale dell’Assunta.
REVERE, CHIESA PARROCCHIALE
Altra chiesa considerata matildica è l’oratorio affrescato di Zello, nelle campagne di Revere dove spicca, in riva al Po, la barocca parrocchiale dalla singolare facciata. Tra i dipinti dell’interno, due tele di Giuseppe Bazzani: Estasi di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, e sull’altare centrale la bellissima Annunciazione.
SANTUARIO DELLA COMUNA
Di fronte a Revere, sulla sponda opposta del Po, è Ostiglia, nei cui pressi si trova il santuario intitolato alla Beata Vergine della Comuna (cioè “della comunità” dei fedeli ostigliesi). Esso si deve a un’apparizione della Madonna, che si tramanda qui avvenuta nel secolo XIV; nel 1533 l’iniziale oratorio fu trasformato, per volontà del duca Federico II Gonzaga, nella costruzione attuale, cui l’architetto Battista Covo diede un interno di raffinata eleganza. Nel presbiterio, la venerata immagine della Madonna col Bambino in trono è affiancata dalle statue di Sant’Anselmo, patrono della diocesi di Mantova, e di San Zeno, patrono della diocesi di Verona, entro la quale un tempo il santuario rientrava.